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“La signora della marcia”. Giuliana Salce si racconta a Orvieto

“Uno, nessuno e centomila”. Comincia in stile pirandelliano “Tacco e punta, Giuliana, tacco e punta!” il libro del giornalista Massimiliano Morelli dedicato ad una delle leggende della atletica leggera femminile, Giuliana Salce, campionessa mondiale e detentrice di tanti record nazionali e internazionali della marcia, presentato ieri a Orvieto al Palazzo del Capitano del Popolo.

La “signora della marcia”, atleta, mamma, regina della marcia ieri e operatrice ecologica oggi, si è raccontata a tutto tondo in un incontro organizzato dall’Associazione Cantiere Orvieto, ospite della campionessa orvietana di marcia Valeria Pedetti e difronte a tanti ragazzi delle scuole medie e superiori, accanto a un paio di scarpe da donna rosse. 64 anni, originaria di Ostia Antica, atleta inserita nella Hall of Fame – I migliori atleti italiani di sempre della Fidal Federazione Italiana della Atletica Leggera, protagonista di una, dieci, cento vite, Giuliana Salce ha ripercorso la propria difficilissima vita attraverso un dialogo a due con Morelli seguendo il filo delle lettere dell’alfabeto, un percorso a ostacoli dalla A alla Z che ne ha raccontato i tanti alti e i tanti, tantissimi bassi, e che ne ha celebrato la forza, l’orgoglio, la dignità di sportiva e di donna.

Nata in una famiglia di umili origini, padre operaio, madre negoziante, ultima di quattro sorelle, Giuliana viene abusata dallo zio all’età di dieci anni; la sua vita non sarà mai più la stessa “mi ha distrutto, rovinato la vita – traccia con emozione quella durissima pagina della propria vita – non se ne poteva parlare allora, si diceva i panni sporchi si lavano in famiglia”. Sposata, tradita da un uomo che definisce “uguale allo zio”, per tre volte si separa e per tre volte torna con lui, il suo allenatore, il padre dei due figli, Francesca (“la figlia della atletica” la definisce” e Barnaba (“il figlio della sofferenza”), Giuliana nel frattempo rivoluziona il mondo della marcia, prima del suo arrivo disciplina prettamente maschile. Salce è forte, decisa, imbattibile, medaglia d’oro ai campionati del mondo di atletica leggera indoor di Parigi 1985, batte 17 volte il record del mondo. Poi si ferma nel 1988 e lo fa perché nel 1987 denuncia per illecito sportivo nientemeno che la Fidal. Per un decennio resta ferma e soffre, sbaglia, cade, si rialza, conosce la povertà, ma la affronta con dignità (“a mio figlio dicevo che quei pacchi alimentari ce li mandava una radio invece era la Caritas”) continua a scontrarsi con la bulimia, la sconfigge, e ne esce forte, grintosa e nuovamente viva. Negli anni 2000 le viene proposto di cimentarsi con il ciclismo e Giuliana vince, ancora, e poi ancora e entra nella Nazionale master. Dopo qualche anno, le viene proposto di doparsi, inizia a sentire parlare di ‘gh’ e ‘epo’, resiste, poi cade, di nuovo (“nascondevo le fiale nella scatola della pasta di acciughe”). Perde, cade, butta la bici da seimila euro e quando nel 2004 muore Marco Pantani, scoppia, si autodenuncia e denuncia, perde gli sponsor, e ripiomba in un calvario. Poi arriva il lavoro di operatrice ecologica, e il ritorno a Ostia Antica nella sua casa natale dove ancora oggi vive, con il secondo marito, una vita finalmente normale.

Ai ragazzi presenti ha raccontato la propria storia, il proprio dolore, figlio di scelte sbagliate, di gloria e solitudine, di male dentro e fuori “non contano i ‘si’ di quanto stai bene ma i ‘no’ di quando stai male”. Oggi è tornata a allenarsi “ma stavolta lo faccio per me”. Tacco e punta, è la marcia, “una grandissima leggerezza, è come sfiorare il terreno”. Una vita, quella di Giuliana Salce, fatta di “salite e discese”, che oggi si raccontano da sole, attraverso le rughe sul suo viso illuminato da un sorriso coinvolgente. Una vita sapientemente tracciata da Massimiliano Morelli, con una eleganza e una sobrietà che non ti aspetti da un cronista di vite, e che invece stupisce ad ogni pagina per tatto e sensibilità. E poi sul palco del PalaPopolo di Orvieto salgono accanto a lei Romolo Pelliccia e Valeria Pedetti e la marcia sale più in alto che si può, perché in tre hanno vinto tutto il possibile. Tre medaglie d’oro di vita, prima che di sport.

 

 

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