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Azzurra Orvieto, quando un buon basket non basta

da Foglio Sport – marzo 2009
Continua ai massimi livelli la stagione di Azzurra Orvieto. Dopo aver terminato al primo posto la regular season in serie B d’Eccellenza in questo campionato 2008/2009, e dopo aver conquistato la Coppa Italia riservata alla categoria cadetta del basket femminile nazionale, sbaragliando avversarie ben più blasonate con grandi esperienze cestistiche anche in campionati maggiori, il team orvietano guidato da Angelo Bondi conduce ora la classifica in poule promozione girone C. Il salto in A2 è alla portata del gruppo orvietano che però non si sbilancia in questo senso e, giustamente, affronta ogni impegno con il massimo della concentrazione in vista di un possibile passaggio alla fase di concentramento. In questo clima di piena consapevolezza delle proprie potenzialità, Azzurra Orvieto sembra essere trasparente alla città di Orvieto che non solo non ne apprezza gli sforzi, ma non ne gratifica neanche gli evidenti importanti risultati ottenuti con passione e tenacia sui campi di mezza Italia. Dalla società, che sempre si è contraddistinta nel corso degli anni per la sua grande onestà e per l’ottimo rapporto con le proprie tesserate, non si commenta il “gelo” che avvolge il team. Ne parliamo con il Direttore Sportivo di Azzurra Orvieto, Paolo Egidi, uno dei principali artefici di questo successo che sta vivendo la squadra orvietana e che potrebbe vivere la città tutta.

Egidi, Azzurra Orvieto sta vivendo una stagione condotta ai massimi livelli, dopo il primato nella prima fase, la bellissima vittoria in Coppa Italia, e una poule promozione in cui la leadership orvietana non appare in discussione, il gruppo appare più forte che mai, qual è il segreto di questa squadra?
Non c’è nessun segreto se non quello che poi, tutti potrebbero scoprire venendoci a vedere: giochiamo a BASKET, non una stentata palla a cesto ma un buonissimo basket fatto di personalità, tecnica, individualità. Siamo una squadra, che riesce a sopperire ad assenze importanti quali Granturchelli, Scoscia, Bolognesi. Le vere squadre non si piangono addosso ma mostrano tutto il loro valore. Se sei un team vincente e non un insieme di individualità vinci ugualmente.

Importanti anche gli apporti dal vivaio giovanissime per le rotazioni in gara e per il futuro della squadra. Come è organizzata la società a livello giovanile?
Questo anno nonostante la presenza di atlete di gran caratura, l’apporto della panchina è spesso molto importante vedi la partita generosa e tutta di grande intelligenza tattica disputata da Alice Cochi contro il Montecatini. Visto l’importanza del vivaio abbiamo coinvolto, in un progetto a lunga scadenza, i responsabili tecnici della prima squadra Bondi e Baleani assieme a Paolo Antonaroli coadiuvati da Sara Braida. Sicuramente è un progetto che richiede del tempo, dei sacrifici e sonore batoste ma, solo da qui, si può partire per sviluppare l’amore per questo sport da qui l’impegno e poi i risultati.

Nonostante il successo ottenuto e nonostante il gruppo di ragazze orvietane che stanno crescendo all’interno della società, però possiamo dire che a questa squadra manca ancora qualcosa. Poco entusiasmo attorno e poco pubblico. Prestazioni superlative che risultano trasparenti al seppur appassionato tifo cittadino per il basket. Come mai?
Paghiamo sicuramente il diffuso maschilismo che accompagna lo sport in genere. Non vorrei essere pesante ma sicuramente viviamo ancora in una società troppo maschilista che crede che lo sport rosa sia figlio di un Dio minore; lo dimostra anche l’assoluta indifferenza della nostra città alla vittoria in Coppa Italia. Ho ricevuto complimenti da tanti personaggi dello sport da molte parti d’Italia e un silenzio assordante da parte delle istituzioni cittadine, eppure a mia memoria nessuna squadra orvietana ha mai portato a casa un titolo a carattere nazionale.

Se vogliamo trovare delle differenze con il più seguito basket maschile orvietano vediamo che a fronte di gare non proprio brillanti, di una classifica alquanto traballante, e di prestazioni comunque legate a serie inferiori di campionato, il calore e il tifo che sostiene la squadra maschile non vengono mai a mancare, in casa e in trasferta. Perché Azzurra non scalda altrettanto gli animi sportivi orvietani?
Mi riallaccio alla risposta precedente. Molto spesso si parla per partito preso, lo sport femminile è un’altra cosa da quello maschile e quindi lasciamolo perdere.
Sono assolutamente d’accordo con la tesi della diversità: se volete vedere il basket giocato venite da noi se vi accontentate di un tirassegno con i pivot che tirano da oltre 7 metri e una quantità di botte sotto i tabelloni allora il basket rosa non è per voi.

Quanto pesa su tutto questo il fatto di dover giocare a Porano anziché a Orvieto?
No, non credo che giocare in un comune vicino come Porano penalizzi più di tanto. Del resto se uno ama uno sport, la passione per i suoi beniamini lo porta ovunque.

Nei confronti del pubblico è penalizzante avere una roster principalmente “straniero”, non orvietano e quindi meno conosciuto?
Anche qui due valutazioni diverse: se da noi penalizza lo straniero, perchè tutti accorrevano a vedere il valore di un giocatore del Montenegro?

Non crede che da parte della società sia arrivato il momento di compiere scelte più moderne, più vicine alla gente, di dotarsi di collaboratori che si occupino dei vari settori logistici, tecnici e di promozione agendo in modo più capillare a livello locale e nazionale?
Credo che ancora una volta sia necessario un atto di fede di molti appassionati, venite una volta a vedere e poi magari discutiamone.

Azzurra Orvieto va avanti, pubblico o non pubblico, per la propria strada. Una strada fatta di professionisti che amano il basket e si divertono a giocarlo bene. Che poi questo significhi essere la prima squadra orvietana a vincere la Coppa Italia, per alcuni, può evidentemente, restare un dettaglio.

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